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mercoledì 18 novembre 2009

.. e ogni tanto ridiamoci su!

Vorrei spendere due parole sul ruolo dell’ironia e dell’umorismo nel lavoro terapeutico. Questa non vuole essere una trattazione colta sul tema, ma soltanto l’insieme di alcune riflessioni sull’argomento.
Il poter ridere e sorridere, il poter non prendersi sul serio, lo scherzare di sintomi o manie penso sia un mezzo ed un fine al tempo stesso. Il lavoro terapeutico, di per sé evocativo di fatiche ed angosce da dover recuperare ed elaborare, può invece essere co-condotto (da terapeuta e paziente) anche con piacere e leggerezza.
Il piacere è un parola che spesso le persone hanno dimenticato. E’ un mondo che appare lontano, a volte addirittura secondario. Invece il vivere è (Oibò!) piacere. Le sensazioni, le emozioni ci pervadono il corpo di piacevolezza. Un buon lavoro terapeutico è proprio questo che deve recuperare.
E’ importante per paziente e terapeuta stare piacevolmente insieme. Sperimentare nuovamente, anche nel setting terapeutico, che si può sorridere a divertirsi, perché questi sono ingredienti della vita.
Allo stesso modo si può essere leggeri senza essere superficiali, si può essere ironici, senza ridicolizzare, si può ridere con, senza ridere di.
Un altro aspetto che trovo fondamentale è il potere strutturante e contenitivo del ridere/sorridere. Quando una persona si sente sparpagliata fra le sue mille ossessioni e l’ansia le impedisce di rimettere in fila i pensieri e le convinzioni ha la necessità di ricompattarsi. Aiutare l’altro a sdrammatizzare e a ridimensionare, permette di ritrovare la propria struttura perduta. Ci si allea con la parte adulta che bonariamente sorride delle piccole imperfezioni e goffaggini della parte vulnerabile, ma al tempo stesso la tiene e la sostiene.
Da ultimo mi preme sottolineare come la presenza dell’ironia, in una relazione (che sia con noi stessi, che sia un rapporto terapeutico, piuttosto che una relazione di coppia, di amicizia, o un rapporto genitore figlio) può darci molte informazioni sulla qualità di questa relazione. Possiamo ridere con una persona delle reciproche debolezze soltanto quando condividiamo con lei la consapevolezza del reciproco valore.
Insomma, mi piacerebbe ci fosse sempre più serietà d’intenti e sempre più leggerezza nella forma!

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