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mercoledì 30 marzo 2011

Ma i re guariscono con le capriole?


Nel film “Il discorso del re” assistiamo ad un singolare percorso di cura. Un re, che le aveva provate tutte per cercare di risolvere il problema di parlare in pubblico, incontra un singolare terapeuta che lo fa urlare, che gli fa fare le boccacce, che lo costringe a fare capriole e acrobazie di vario genere.


E’ tutta una finzione cinematografica?

Direi proprio di no. La ricostruzione che viene fatta in questo film delle pratiche di cura che vengono proposte al nostro Re Giorgio VI, è molto fedele a quella che oggi potremo chiamare Psicoterapia Corporea.


Quindi basta fare qualche bizzarro esercizio e passa tutto? Sì e no. Il prerequisito fondamentale è la relazione con il terapeuta che deve essere fondata su un rapporto paritario e cooperativo (i nostri protagonisti abbandonano titoli ed etichetta e si chiamano per nome). Gli urli, le capriole e tutte le altre diavolerie che vengono proposte, non sono tecniche che vengono somministrate come una medicina, ma si sviluppano e si costruiscono nel corso del lavoro, in uno scambio fra terapeuta e paziente che vede protagonista attivo ora l’uno, ora l’altro.


Ma cosa c’è di speciale in questo tipo di lavoro? Il coinvolgimento del corpo. Il nostro essere (chiamiamolo patrimonio genetico) incontra le esperienze della vita (l’ influenza dell’ambiente). Il prodotto di tutto questo siamo noi, con le nostre emozioni, le fragilità, le risorse e lo siamo sia nell’anima che nel corpo. Pensiamo a come reagiamo ad uno spavento. Rimaniamo con il fiato sospeso, la pancia diventa dura, il diaframma si contrae e i muscoli del petto si irrigidiscono. Se questa sensazione si ripete più volte nel tempo, le modifiche fisiche diventano stabili. I cambiamenti corporei sono molto più stabili delle idee che li hanno determinati. Si finirà quindi per dimenticare perché ci si era spaventati ma ci si ritroverà con una storia inscritta nel corpo (o nel caso del nostro re, si balbetterà).


Lavorare con il corpo permette di avere un differente canale di accesso alle emozioni bloccate (intese sia come dolori, che come risorse), soprattutto se le vie della ragione e del pensiero si sono interrotte. I risultati saranno profondi e duraturi. Allora tutti a fare boccacce e capriole? Beh, sicuramente sì!

Che si tratti del prato o dello studio del terapeuta, il livello di approfondimento si deciderà di volta in volta.

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